PROGRAMMA
43'Aspetti della vascolarizzazione arteriosa e disturbi vestibolariGiampiero Neri
45'Aspetti della circolazione venosa e disturbi vestibolariLuigi Califano
26'Il sistema arterioso del collo, carotidi e vertebraliVanessa D’Amario
26'Il sistema venoso del colloAldo Bruno
50'Vascolarizzazione arteriosa e venosa intracranica, l’arteria uditiva internaSandro Sanguigni
La diagnostica vestibolare è oggi sicuramente molto più completa e precisa di quanto fosse in passato. Negli ultimi decenni abbiamo vissuto una rivoluzione diagnostica passando dalla semplice prova calorica, che per un secolo è stata l’unico test oggettivo disponibile, all’avvento di tecniche strumentali come l’HIT ed i VEMPs che permettono di quantificare il danno vestibolare in modo molto più analitico e preciso, alla più recente RM con gadolinio intratimpanico che ha contribuito alla clinica rendendo possibile visualizzare dal vivo l’idrope endolinfatico.
Nonostante tutte queste conquiste, che permettono una diagnosi raffinata, manca ancora un tassello essenziale che sfugge tuttora al clinico e cioè la precisa eziopatogenesi del danno vestibolare.
Si è molto scritto in letteratura sulla possibile genesi virale o vascolare del deficit vestibolare acuto ma ancora non sono stati definiti i criteri specifici che possono inequivocabilmente attribuire un danno vestibolare acuto ad un determinato effetto lesivo.
La condizione ischemica del vestibolo rende il sistema vulnerabile alle modifiche vascolari sia pressorie, soprattutto ipotensive, sia del microcircolo ed endoteliali e questo spiega il fatto che il danno vestibolare risulta essere predittivo nei confronti di patologie vascolari più severe. Un paziente con vertigine può infatti sviluppare un ictus ischemico o un infarto del miocardio dalle 24 ore ai sei mesi successivi la crisi ed un paziente con vertigini parossistiche ricorrenti ha una aspettativa di vita minore di chi non ha mai sofferto di VPPB. Conoscere quindi le condizioni del flusso ematico afferente al vestibolo oltre a permettere una più completa conoscenza delle patologie labirintiche potrebbe essere una chiave molto utile per la prevenzione dei disturbi cardiovascolari più severi.
Se oggi volessimo indagare il microcircolo avremmo come unica opzione il fundus oculi che lo mostra direttamente ma solo quando le lesioni vascolari si sono già manifestate. Poiché l’arteria centrale della retina ha un diametro di 2 mm mentre l’arteria uditiva interna ha un diametro di 0,07 mm, possiamo senza dubbio ipotizzare che una valutazione, diretta o indiretta, del microcircolo vestibolare potrebbe essere temporalmente più predittiva dei danni microcircolatori rispetto al fondo dell’occhio e che quindi la vertigine possa rappresentare un segno di deficit microcircolatorio utile alla prevenzione dei disturbi cardiovascolari.
Negli ultimi anni sono stati prodotti molti contributi scientifici che hanno dimostrato come l’ecocolordoppler (ECD) dei vasi del collo sia un test semplice, veloce, economico che permette di comprendere la possibile genesi vascolare delle patologie labirintiche; la valutazione del flusso arterioso vertebrale in ml/min ha mostrato la genesi vascolare delle VPPB ricorrenti, lo studio del sistema venoso intra ed extra cranico nella malattia di Ménière ha portato alla scoperta di quadri secondari al deficit di scarico venoso giugulare, l’ecodoppler transcranico è in grado di mostrare direttamente l’arteria uditiva interna e le sue modificazioni. Nonostante queste evidenze l’esame è ancora delegato ad altri specialisti che per loro formazione non conoscono il problema e non riescono in molti casi a dare risposte utili all’ORL vestibologo.
Come è accaduto per molte altre specialità è ora che lo specialista ORL, ed in particolare il vestibologo, cominci quindi a sfruttare questa metodica, la sviluppi secondo le proprie capacità e necessità, ampliando i propri orizzonti diagnostici e in definitiva terapeutici per utilizzare al meglio e con maggiore consapevolezza farmaci che abbiano la capacità di migliorare il microcircolo.